Il Codice a barre compie 40 anni.
Norman Joseph Woodland lo brevetta per l’IBM il 3 aprile 1973 quale evoluzione del numero di serie o di matricola. Codice EAN (European Article Number) in Europa, l’UPC (Universal Product Code) nei paesi anglosassoni. Entrambi comunemente conosciuti come Barcode.
Il 26 giugno del 1974 un pacchetto di gomme ne decretò il suo debutto avvenuto presso un supermercato a Troy, nell’Ohio.
Oggi il cimelio è custodito presso lo Smithsonian’s National Museum of American History insieme al primo supermarket scanner che leggeva i codice a barre.
Il Barcode è oggi evoluto nel codice a barre dimensionale QR Code che ritroviamo su riviste e giornali per l’accesso alle informazioni on-line.
La tecnologia RFID, molto diffusa negli Stati Uniti, oltre all’indentificazione effettua la tracciabilità , consentendo di localizzare una maglia prodotta in India dall’uscita del magazzino per tutti i punti del mondo fino alla sua distruzione fisica.
Un tempo era consuetudine reclamare il diritto alla propria identità gridando “non sono un numero” oggi diremmo “non sono un codice a barre”.
Video di RaiNews24 tratto dal programma “Consumi & Consumi”
Il codice a barre, nato per le merci, si declina oggi sul tracciamento delle nostre identità sempre più digitalizzate e scannerizzate dai passaggi nelle comunità online che frequentiamo e dagli acquisti con le fidelity card che effettuiamo alimentando lo sviluppo di mercati e prodotti sempre più di massa e personalizzati.
Le ricerche di mercato e gli uffici marketing riceveranno informazioni preziose da tutte queste tecnologie e la sicurezza è più garantita nel corso del trasporto e della distribuzione delle merci.
In cambio gli acquirenti cedono sempre più pezzettini della propria privacy ma quanto ne sono consapevoli?
Il futuro è ancora tutto da tracciare.